di Andrea Mastrullo
2024: anno di Olimpiadi.
Olimpiadi di vittorie, di sconfitte, ma anche di critiche, gaffe e polemiche. Atlete in ospedale dopo aver gareggiato nella Senna, cerimonia di apertura sotto il diluvio con ospiti considerati abominio dai soliti bacchettoni, letti di cartone, favoreggiamenti arbitrali, ecc. Ovviamente l’Italia ha saputo difendersi anche in questo caso, sfoderando 3 – 4 colpi bassi degni di una lotta greco romana: d’altronde Italians do it better. È stato uno scontro serrato per scegliere chi dovesse accaparrarsi il premio “gaffe dell’anno”, ma, dopo un’attenta valutazione, la vittoria va alla coppia Di Francisca – Caporale, per i commenti rivolti alla nuotatrice 19enne Benedetta Pilato.
Benedetta ha appena finito i suoi 100m rana; è fuori dal podio per 1 maledettissimo centesimo di secondo. A bordo vasca ad aspettarla c’è Elisabetta Caporale in collegamento con Elisa Di Francisca, fiorettista pluripremiata che ha partecipato più volte ai giochi olimpici.
La nuotatrice si avvicina, è contenta, talmente tanto che piange di gioia perché sì, è fuori per un centesimo dal podio, sì poteva farcela, ma decide di vedere il bicchiere mezzo pieno e sovvertire il sistema, lasciandosi andare in un solenne “è stato il giorno più bello della mia vita”; uno dei commenti più veri delle olimpiadi, che incarna a pieno il pensiero sano e giusto (per alcuni immaturo) che il mondo si aspetta da una ragazza di 19 anni. Meno sani sono stati quelli in risposta, che hanno lasciato attoniti molti spettatori. “Ma veramente?” chiede una Caporale scioccata. Come se non bastasse questo a mettere in soggezione la nuotatrice, a rincarare la dose ci ha pensato la 41enne schermista che, senza filtri, ha commentato la sincerità della Pilato dicendo: “Io non ho capito niente di questa intervista. O ci è o ci fa. […]”.
Che ci sia o ci faccia non si sa, però è certo (forse) come dietro questi commenti infelici (poi chiariti nei giorni seguenti) si celi in realtà una disparità legata ad un retaggio culturale e generazionale. La stessa Di Francisca ha confermato questa tesi dichiarando successivamente: “Credo davvero che la sofferenza, lo stare male per un risultato che non arriva, sia importante. […] bisogna provare dispiacere, perché da lì si attinge la motivazione per ripartire alla conquista”.
Parole che non stonano alle orecchie delle vecchie generazioni che sono cresciute con il concetto di sport = sacrificio; per certi aspetti è vero, ma non è anche vero che spesso e volentieri nasce tutto da una passione che, come tale, è prima di tutto divertimento?
A questo si collega anche il recente dissing tra il neo campione Ceccon e la vecchia leva di nuotatori (tra cui anche l’ex campionessa Pellegrini), accusati di nonnismo per alcuni scherzi (non troppo divertenti) risalenti ai mondiali del 2019 in Corea. In tale occasione Ceccon fu “punito” per aver pensato troppo a divertirsi (sai che affronto) e per aver infranto le aspettative di chi pensa che il rispetto gli sia dovuto solo perché più grande all’anagrafe; coloro che predicano la maturità con l’immaturità: bravoni.
Insomma: l’eterna lotta tra Millenials e Gen Z sembra aver trovato terreno fertile anche nello sport. Un gapespresso in maniera più che ottima dalla comica Giorgia Fumo che affronta nei suoi spettacoli l’argomento in questione in maniera ironica. E proprio in merito alla vicenda “Pilato contro tutti”, la Fumo ha dato (sarcasticamente) uno spaccato accurato della società. La nuotatrice (in rappresentanza della Gen Z) ha reagito in maniera genuina, felice di ritrovarsi “nell’evento più importante del suo settore” dice la comica in un suo reel pubblicato sui social; la Di Francisca dal canto suo “rappresenta a pieno il modo di pensare [millenial] di coloro che sono cresciuti con l’idea che se vinci hai fatto metà del tuo dovere, se perdi (in qualunque ambito) dovrai convivere con il fallimento per il resto della tua vita; […] e anche quando vinci in fondo potevi vincere un po’ meglio, no?!”
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